di David Scaramozzino, Psicologo clinico e Psicoterapeuta

In Italia 1.434.000 bambini vivono in povertà assoluta.

Il 20 Novembre si è celebrata la Giornata Mondiale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, durante la quale si registra una situazione sempre più allarmante. Milioni di minori nel mondo vivono ancora in regime di povertà, violenza e discriminazione.

Il nostro paese non è da meno.

Secondo il Coordinamento italiano dei servizi contro il maltrattamento e l’abuso dell’infanzia, sarebbero circa 100 mila ogni anno i bambini presi in carico dai servizi sociali italiani per condizioni di vita fortemente disagiate.

Ben 6,7 casi su 1000 giungono ai servizi in seguito a maltrattamenti o abusi sessuali.

Il processo per la formazione di una cultura della tutela e della protezione dell’infanzia è pressapoco lento ed il lavoro da svolgere in termini di programmazione e attivazione di risorse è ancora molto lungo.

In Italia circa 1 milione e 400mila bambini e adolescenti, vivono in povertà assoluta, un dato allarmate ed in crescita in conseguenza della crisi economica. Il dato è particolarmente preoccupante se si pensa che solamente due anni fa si registravano circa 700mila unità, ossia la metà di oggi (Cismai). Non si parla di mancanza di benessere bensì di povertà assoluta, ossia l'”incapacità di acquisire i beni e i servizi, necessari a raggiungere uno standard di vita minimo accettabile nel contesto di appartenenza“. Il16% delle famiglie con bambini, una volta ogni due giorni, non è in grado di offrire ai figli un pasto decente. (UNICEF)

I minori in stato di povertà assoluta sono passati da 723 mila nel 2011 a 1.434.000 nel 2013

Alcuni di loro legalmente non esistono: nelle zone rurali solo per il 51% ha una identità ufficiale, soprattutto se appartenente ad una famiglia non-povera.

Il problema dei nidi comunali è sempre in auge con percentuali disastrose di bambini inseriti. Sono solo il 13,5% dei bambini italiani che usufruiscono di questo servizio, con un picco negativo al Sud, in particolare in Calabria, dove si registra il 2,5%. (Gruppo CRC/Save the children)

Dando un’occhiata ai numeri sulla situazione delle famiglie italiane si evince che il numero delle separazioni in Italia nel 2010 ha coinvolto un numero di coppie elevatissimo tanto da sfiorare quasi le 90.000 famiglie, di cui il 68,7% sono coppie con figli nati dal matrimonio.

Il declino della famiglia tradizionale comporta inevitabilmente un incremento di situazioni di marginalità e disagio, soprattutto a carico dei figli. In presenza dell’aggravante della conflittualità tra i coniugi aumenta la possibilità di una condizione stressante e traumatica per il bambino, oltre che la concreta possibilità di un allontanamento dal nucleo famigliare ed affidamento ai servizi sociali.

Sembra che a livello governativo qualcosa si stia finalmente muovendo con la recentissima approvazione di una  legge, attesa da circa 10 anni, che prevede un riordino gestionale per consolidare il sistema di solidarietà sociale. Si tratta dell’emendamento “Sistema regionale integrato dei servizi sociali a tutela della persona e della famiglia” che ha come punti focali:

  • il sostegno alla famiglia, in particolare a quella con minori, persone disabili o anziani non autosufficienti, quale soggetto centrale e attivo nella costruzione del sistema di solidarietà sociale.
  • l’introduzione di un fondo unico delle politiche sociali, diviso nei vari settori, per l’ottimizzazione delle risorse.
  • l’istituzione degli albi professionali del sociale per incrementare la professionalità dei servizi
  • stabilisce la tripartizione sanitario/sociosanitario/sociale puro con lo scopo di assicurare livelli di intervento essenziali in tutti e tre i settori

Particolare attenzione necessita anche la problematica della violenza in contesti pubblici come la scuola, gli asili, i servizi sociosanitari e le associazioni sportive a testimonianza di scarsa vigilanza sui minori, reclutamento di personale non adeguato e poco professionale oltre ad una generale sconfitta delle istituzioni sia Italiane che Europee.

 di David Scaramozzino
Psicologo Clinico e Psicoterapeuta